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L’estate è ormai prossima, e come spesso accade piccoli input portano la nostra mente in quei luoghi da sogno spesso rappresentati da stralci, scorci di foto. Una finestra da cui si vede il mare, una sdraio sul bagnasciuga, un pontile sospeso tra mare e cielo, magari immagini non complete, frammenti, che però ravvivano la spinta interiore di ognuno di noi a godere di un agognato momento di evasione.
In altre parole, foto di piccole frazioni di scenari più complessi (magari da dietro l’angolo di casa) solleticano la nostra fantasia a provare l’emozione di trovarcisi dentro, magari immaginandoli dispersi nel mondo. La meraviglia è spesso stimolata proprio dal completamento ideale che, ognuno di noi soggettivamente, come quando si guardano i quadri moderni astratti, attribuisce; in tal caso avviene che taluni, vedranno in codeste immagini l’occasione della vacanza; per altri, la speranza di relax; per altri ancora, la poetica del silenzio, dell’immenso, dell’incontaminato; mentre per taluni altri ancora, il costoso, l’irraggiungibile, il sogno.
Si capisce così, che la medesima immagine provoca in noi singole emozioni, attinenti alle proprie aspettative, ai propri bisogni/desideri, alla propria conoscenza.
Se quanto detto è vero, un cultore dell’abitare, cosa vede in quelle immagini?
Ho spesso riflettuto sulla questione, e trovo assai stimolante constatare che questa diviene forma dell’abitare, quando, in quelle scene o foto che siano, si realizza la connessione di due fattori: l’ordine e il disordine; ove il primo è rappresentato dal costruito o artefatto (apporto dell’uomo), il secondo dalla natura. Accade infatti di provare forte emozione, quando, in uno scenario naturale anche una piccola cosa sia riconducibile all’intervento dell’uomo che ha inteso dominare e/o controllare quel luogo. Perifrasando Ugo La Pietra, notissimo designer, egli sosteneva che “abitare implica sentirsi a casa propria in ogni luogo” a condizione sia manifesto il proprio intervento.
Cercherò di chiarire il concetto. Se per “Architettura” il grande maestro Le Corbusier definiva : “… il gioco sapiente della compenetrazione dei volumi alla luce del sole, nel cui interno, l’uomo vive e cammina essendo soggiogato spiritualmente”, può facilmente intendersi tutto il principio del costruito.
Forma, funzione, interno, esterno, anima, luce, ombra, sono basi attraverso le quali la costruzione architettonica diventa materia, e che combinandosi variamente tra loro possono dare vita a diverse soluzioni della costruzione stessa Per contro, W. Morris concepiva l’architettura come qualcosa che a partire dal puro deserto è rappresentato dal porre in esso un punto, un semplice punto, quel punto…che per Lui…era già architettura.
Se tra Le Corbusier e Morris sembra esserci una contraddizione in termini, devo ammettere, entrambi invece dimostrano che Architettura c’è, quando in essa è presente un apporto progettuale, decisionale, prefigurativo, quindi volontario dell’uomo nel porre e proporre.
E’ quindi un processo dell’ ”ordine”, da cui derivano le forme, le strutture, i colori, i materiali, le gerarchie tra gli elementi linguistici e morfologici, che compone l’architettura. Architettura “è ordine” commentava Louis I. Kahn. Sarà così, che in natura, l’architettura potrebbe non esistere…ma si è certi che l’uomo, in fondo, non ha fatto altro che copiare da madre natura, già quando ispirandosi alla montagna concepiva i primi templi praticando un profondo simbolismo d’avvicinamento alla volta celeste (ziggurat babilonesi, piramidi egizie, piramidi a scalinata americana o teocalli, stupa indù).
L’uomo, solo rileggendo quelle gerarchie di tipo geometrico, ha trovato la forza creativa per esprimere ciò che già era. Così al pari, nel desiderio di definire l’idea di centro come cuspide della montagna erge Menhir, Onfali, Piloni (nozione primaria del valore di forma puramente esteriore), quali assi verticali tra la mera terra/mare e il divino cielo. E questo accadrà sino ai giorni nostri, passando dalle architetture gotiche sino alle più ardite realizzazioni del nostro tempo.
Quindi architettura, quale prodotto del porre in essere il costruito, a mediazione tra due piani terreno e celeste, tassello d’unione tra Sacro e profano, strutture e costruzioni dalle quali possa godersi quell’infinito rapporto tra mare e cielo, ove si consumi ogni dì il perenne miracolo del sorgere e tramontare del sole.
In questa ottica l’architettura è da porre, appunto, quale principio d’ordine, proprio perché si confronta (in quelle foto) con il mare, l’oceano, che è principio opposto del “disordine”, mobilità perpetua, dal carattere libero nelle cui acque vi sono la genesi dell’informe, della mobilità, dell’origine d’ogni cosa, del brodo primordiale madre d’ogni tempo. Heinrich Zimmer, nel 1941 segnalava che il mare è “un’illogica immensa, una vasta estensione che sogna su se stessa e dorme nella propria realtà ma che, indubbiamente, contiene il germe di ogni contrario”.Quindi, due realtà a confronto, una ordinata ed una disordinata. Una, quale atto volontario del fare; l’altra quale trovante naturale.
Sembrerà misterioso. In quelle immagini si realizza la contrapposizione tra “l’ordine e il disordine”, e così, come svariati filosofi hanno spiegato, quando si confrontano gli inversi, il bianco/nero, l’aperto/chiuso, il bene/male, il buono/cattivo, il fuoco/acqua, il caldo/freddo, etcc.. si palesa il principio dell’equilibrio, ovvero vedremo rendersi manifesta l’armonia.
A questo punto potrebbe esser chiaro il motivo perché ogni qual volta ci si trova di fronte ad una suggestiva immagine che rappresenti un bel mare con un pezzo di costruito, proviamo una forte emozione e meraviglia, poiché la nostra sensibilità sarà stata toccata dall’armonia prodotta nella coesione (incontro/scontro) tra l’ordine e il disordine.
written by Walter Angelico
Emanuele Walter Angelico, architetto PhD, si laurea a Palermo dove vive e lavora – è docente in Architettura e si occupa di tecnologie e di design. Completano la formazione e figura di Ricercatore/Progettista una intensa attività di partecipazione a Convegni Nazionali e Internazionali, unitamente alla pubblicazione di articoli e saggi su volumi e riviste di settore.