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Quando l’architettura si esprime senza edificare : IL GIARDINO

“La vita si sviluppa dall’interno verso l’esterno, radiosa,aperta alla luce e offerta allo spazio.”

(C.E. Jeanneret-Le Corbusier)

E’ sicuramente molto facile per noi comprendere come possa esser nato, irrinunciabile per l’uomo sin dagli albori della civiltà, il bisogno di un tetto, di una casa anche se intesa come semplice riparo per sé e la propria famiglia. E’ parimenti altrettanto intuitivo immaginare come la risposta a questo bisogno, nel corso dei millenni, si sia evoluta e spinta fino ad organizzare precisamente e compiutamente ogni momento della umana quotidianità.

Spontaneo a questo punto cercare di comprendere come, oltre al concetto di casa, sia nato il concetto del suo prolungamento all’aperto: il giardino. Non deve stupire che, come molte specie animali, l’uomo avverta l’esigenza di delimitare non solo il proprio territorio, al riparo delle mura domestiche, ma anche il proprio spazio vitale attorno ad esse. E’ necessario infatti per lui difendere lo spazio di gioco dei propri bambini, coltivare piante per le sue necessità alimentari e per la cura della salute. Così il giardino nasce come luogo “utile”, per proteggere le piante: le più fragili, le più necessarie, ma anche le più pregevoli, divenendo in tal modo un luogo “bello” di cui poter essere orgogliosi. Questo concetto, proprio nel nostro paese, trova la sua più ampia espressione nella cultura del giardino “all’italiana“ che, a sua volta, affonda le radici (è proprio il caso di dirlo!) nell’impianto paesaggistico della Roma imperiale.

E’ questo senz’altro il periodo di maggiore splendore e raffinatezza, è proprio in quest’epoca infatti che sorgono le prime ville e, di conseguenza, i giardini più fastosi che ispireranno nel rinascimento i progettisti del giardino italiano. La sistemazione a verde si componeva di due parti: una a ridosso della villa e l’altra, più distante, nella parte panoramica. La prima parte era caratterizzata da aiuole pianeggianti ad andamento regolare, orlate da basse siepi ed arricchite da qualche pianta foggiata. Pian piano, questa porzione di verde tanto “addomesticata” dall’uomo recuperava la sua “naturalità” prevalendo una vegetazione spontanea, qui l’intervento dell’uomo si limitava infatti solo a “regolare” la natura, diradando e sfoltendo i boschi, aprendo varchi e visuali sugli sfondi panoramici. 

L’intero parco veniva abbellito di tempietti, statue e pergolati. Tre splendidi esempi di giardini romani sono: i giardini di Tiberio ad Anacapri, la villa di Adriano a Tivoli e la villa di Catullo sul lago di Garda.

Con la caduta dell’impero romano e le invasioni barbariche, in un periodo di generale decadenza, l’arte del giardino segue, nell’Alto Medioevo, la medesima sorte. Soltanto nei monasteri rimane una parvenza di giardino, rappresentato dall’orto nel quale erano coltivati ortaggi e piante medicinali. L’attenzione per le piante riveste, in questo periodo di generale oscurantismo, solo un interesse per gli aspetti rari e simbolici (approfondimenti in tal senso può fornirceli il testo bizantino, risalente al secolo XI, “Il giardino simbolico”, pubblicato da Margaret H. Thomson).

Per un risveglio d’interesse in tal senso dobbiamo attendere il periodo Romanico quando, proprio nei monasteri, il giardino si configura come area compresa all’interno dei “chiostri” ed è chiamato “viridarium”, sistemato ad aiuole contornate da siepi basse e intervallate da vialetti; all’interno della corte vi era il pozzo per l’approvvigionamento dell’acqua; all’esterno oltre l’orto, si coltivavano piante aromatiche e fiori per ornare gli altari. Va comunque ricordata l’esistenza, in quel periodo, proprio nella nostra isola, di notevoli giardini: i “solacia” (da cui il termine “sollazzo” sinonimo del divertimento più spensierato). Qui i sovrani normanni, che pur avendo sconfitto gli arabi ne usavano le maestranze, vollero eleganti giardini, a circondare le loro residenze estive: lussureggianti parchi, abbelliti da specchi d’acqua e ampiamente piantumati ad agrumi (furono proprio gli Arabi a introdurre queste essenze in Europa come piante ornamentali ). Valide testimonianze di ciò: la Cuba, la Zisa, la Favara e Maredolce. Neppure i nobili rinunciavano al piacere del verde, basti pensare al viridarium che, alla fine del XIV secolo, risulta ornasse Palazzo Steri, residenza della potente famiglia Chiaromonte. Mi piace concludere questo primo dei due appuntamenti dedicati al giardino, proprio con le parole con cui il poeta arabo Abd Ar Raman meravigliosamente descrisse il giardino reale della Favara: ”Quale visione offri tu Favara eccelso palazzo!/ [..]I piaceri son là dove i mari si uniscono/ E la passione pone le tende sulle rive del lago./ Che dire del lago delle due palme / e del palazzo che in mezzo si innalza’../ Le arance mature dell’isoletta/ paiono un fuoco ardente tra le foglie smeraldine/ Ed il pallore del limone sembra simile ad un giovane/ che trascorre solo la notte, dall’amore lontano.”.

Il terrazzo

Nei paesi mediterranei, complice un clima mite e temperato, per buona parte dell’anno la casa si proietta all’esterno, si prova infatti l’esigenza di godere di momenti di vita familiare in uno spazio organizzato all’aperto, strutturalmente e funzionalmente connesso con lo spazio organizzato chiuso, rappresentato dalla casa stessa. Se in estate questo spazio è felicemente rappresentato dal giardino, piccolo o grande che sia, in primavera (e nella nostra calda isola anche in autunno) è senz’altro il terrazzo che adempie a questa funzione. Che si tratti di un piccolo romantico balcone o di un ampio terrazzo panoramico forse poco importa, dal momento che la gradevolezza e la fruibilità di questa porzione di cielo in mezzo ai tetti della città, dipende in larga misura da come lo si attrezza ed allestisce. Certo qualche sforzo in più sarà richiesto se lo spazio è ridotto, ma la semplice sistemazione di balconiere porta-vaso sul parapetto, aiuterà a risparmiarlo senza rinunciare a godere di quella quota di verde, senza la quale non ci sentiremmo davvero “all’aperto”. Esistono inoltre specie rampicanti, come il gelsomino o la bignonia, che crescono bene anche in poca terra e che, col semplice supporto di un grigliato, in legno o ferro che sia, tappezzeranno rapidamente i muri di casa. 

Per la sistemazione di un terrazzo più grande, certamente più impegnativa, è utile tenere presenti alcuni accorgimenti come una buona impermeabilizzazione del “parterre”, una parziale copertura dell’area per godere di momenti di ombra e di privacy, una scelta accurata delle specie da piantare in funzione soprattutto del clima e dell’esposizione del terrazzo. Sarebbe vantaggioso prevedere anche un impianto di irrigazione del tipo a goccia (sono i migliori per le piante in vaso) che ci risparmierà l’innaffiatura delle piante durante i periodi d’assenza. Le proposte per quanto attiene l’arredo esterno sono ormai molteplici, ma è sempre consigliabile al di là del gusto, sempre personale, optare per materiali in grado di resistere all’azione degli agenti atmosferici, come il legno di Teak (del Siam o dell’Indonesia) o il ferro zincato a caldo e verniciato. 

Qualche parola in più andrebbe spesa sulla scelta delle essenze arboree e arbustive di cui godere in terrazzo, ma ciò ci porterebbe in un campo troppo esteso e lo spazio a noi qui riservato non ci consente di essere esaurienti.

Un ruolo da protagonista lo giocheranno di certo i corpi illuminanti che consigliamo soffusi e discreti e, perché no, mimetizzati nel verde, senza rinunciare al tocco romantico e sempre magico delle candele….

written by Walter Angelico

Emanuele Walter Angelico, architetto PhD, si laurea a Palermo dove vive e lavora – è docente in Architettura e si occupa di tecnologie e di design. Completano la formazione e figura di Ricercatore/Progettista una intensa attività di partecipazione a Convegni Nazionali e Internazionali, unitamente alla pubblicazione di articoli e saggi su volumi e riviste di settore.

 

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