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Immagine per il produttore Antonio Ligabue

Antonio Ligabue

Antonio Laccabue (da tutti conosciuto come Ligabue) nasce il 18 dicembre 1899 a Zurigo, in Svizzera, figlio di Elisabetta Costa, una donna originaria di Belluno, e di Bonfiglio Laccabue, uomo di origini emiliane (ma l'identità del padre non è mai stata appurata con certezza). Affidato, nel settembre del 1900, a una coppia di svizzeri, Elise Hanselmann e Johannes Valentin Goebel, rimane orfano di mamma Elisabetta nel 1913, quando un'intossicazione alimentare uccide anche tre dei suoi fratelli (Antonio, tuttavia, considererà suo padre come responsabile della morte di Elisabetta, al punto di arrivare a cambiare il proprio cognome in Ligabue proprio per l'odio nutrito verso il genitore).

Inserito in una classe differenziale alle elementari, Antonio Ligabue viene affidato nel 1912 a un istituto per ragazzi deficienti, prima di essere spostato, l'anno successivo, a Marbach, in un istituto condotto da un prete evangelico che definirà la sua condotta "immorale", a causa della sua abitudine a bestemmiare e imprecare. A Marbach, in ogni caso, Antonio impara a leggere con una certa velocità, e, pur essendo scarso in matematica e in ortografia, trova costante sollievo nel disegno, che non di rado gli permette di calmarsi dopo le crisi nervose che lo colpiscono. Espulso anche da questo istituto per scostumatezza e cattiva condotta, dopo aver cominciato a lavorare come bracciante agricolo in maniera saltuaria conduce una vita piuttosto errabonda, e viene ricoverato in una clinica psichiatrica dopo un violento litigio con Elise, la mamma affidataria, che nel 1919 lo denuncia. Espulso dalla Svizzera, Antonio viene condotto da Chiasso a Gualtieri, il paese di origine del padre adottivo (nel 1955 dedicherà all'episodio un dipinto, intitolato "Ligabue arrestato", ritraendosi in manette, di fianco a due carabinieri su una carrozza), ma prova a scappare immediatamente, anche perché non conosce la lingua italiana.

Il suo tentativo di fuga verso la Svizzera, però, fallisce, e il giovane viene riportato al paese e ricoverato nell'Ospizio di mendicità Carri. Nel 1920 gli viene proposto di lavorare agli argini del Po: impiegato come scarriolante, contribuisce a costruire una strada che collega Gualtieri con il fiume. Nello stesso periodo, si dedica per la prima volta alla pittura. Si dedica a dipinti e disegni, che rappresentano mondi separati: pur essendo i soggetti i medesimi, i disegni non sono mai studi preparatori o abbozzi delle tele, ma esercizi autonomi contraddistinti da tratti nervosi (la puntasecca gli risulta congeniale), a volte ricalcati, caratterizzati spesso da segni non puliti ma decisamente espressivi e strutturali, con esiti non di rado plastici. D'altra parte, le sue opere figurative si presentano come squillanti, addirittura violente e nostalgiche, condite con dettagli precisi e spesso ambientate in scenari di vita campestre, con immaginazione e memoria che si mescolano a seconda del paesaggio rappresentato. E così Ligabue, che ormai riesce a mantenersi grazie alla pittura, nel frattempo si dedica anche alla scultura con la terracotta.

Ricoverato in manicomio nel 1937 a Reggio Emilia per atti di autolesionismo, riesce ad uscirne solo quattro anni più tardi grazie all'intervento dello scultore Andrea Mozzali, che lo accoglie a Guastalla, a casa sua, nei pressi di Reggio Emilia. L'arrivo della guerra gli permette di essere impiegato come interprete per le truppe tedesche, ma nel 1945 Ligabue viene nuovamente internato in un manicomio, colpevole di aver picchiato un militare tedesco con una bottiglia: resterà rinchiuso per altri tre anni. Durante il ricovero, Antonio prosegue nella sua attività di pittore, e riceve anche la visita di Romolo Valli, giornalista e futuro attore. Concentratosi sull'acquaforte, nel 1955 Ligabue allestisce la prima mostra personale in occasione della Fiera Millenaria che si svolge a Gonzaga, non lontano da Mantova, mentre l'anno successivo prende parte al "Premio Suzzara". Nel 1957 è protagonista di un servizio (molto famoso ancora oggi) pubblicato sul "Resto del Carlino", firmato da Severo Boschi e dal fotoreporter Aldo Ferrari, che lo immortalano a Gualtieri. Quattro anni più tardi, Ligabue ha l'occasione di vedere allestita una mostra personale a Roma, alla Galleria "La Barcaccia": poco dopo, però, un incidente in motocicletta (gli ultimi anni di vita gli hanno permesso di uscire dalle ristrettezze economiche e di dedicarsi alle sue passioni, tra cui appunto quella per le moto) rallenta la sua attività, penalizzata ulteriormente da una paresi che lo coglie di lì a poco: una emiparesi dovuta a vasculopatia cerebrale che lo colpisce sia nella mente che nel fisico.

Dopo essere stato battezzato e cresimato, Antonio Ligabue detto "Al tedesch" ("Il tedesco") o "Al Matt" ("Il matto") muore il 27 maggio 1965, e viene sepolto nel cimitero di Gualtieri. Poco dopo, la IX Quadriennale di Roma gli dedica una retrospettiva.

Antonio Ligabue e gli animali

Ligabue lascia un segno nel panorama artistico italiano del XX secolo non soltanto per la sua intensità artistica ma anche per la sua originalissima personalità.

Figura eccentrica, singolare, dal percorso tormentato nasce in Svizzera ma vive in Italia, nella campagna emiliana.

Il mondo animale                                                   

La sua pittura istintiva, passionale, rivela un profondo rapporto con il mondo animale basato non soltanto sull’ammirazione e l’affinità ma su un vero e proprio dialogo fatto di intesa e comunicazione.

In conflitto con gli uomini, in lotta con se stesso, si rifugia nel mondo animale con cui sente una profonda affinità, un’intensa complicità che diventa un rifugio per fuggire alle sue paure, ai suoi spettri interiori. Gli animali diventano i suoi compagni di vita, i suoi amici, gli unici esseri capaci di comprenderlo nel profondo.

Oltre il ritratto.           

Gli animali, anche rapaci , felini, vengono rappresentati con ammirazione, attraverso una osservazione dettagliata che gli permette di cogliere anche aspetti della loro indole oltre la bellezza estetica. Il tratto pittorico di Ligabue ne racconta anche la forza, il temperamento, donando agli stessi animali dignità e forza. Gli animali sono colti nella loro essenza, potenza, e sono i protagonisti della sua pittura.

La ricerca di autenticità 

Il mondo animale gli regalava un ambito di libertà e di autenticità oltre le convenzioni, oltre i pregiudizi, oltre all’incomprensioni con gli uomini che lo avevano condotto alla follia.

Attraverso il racconto degli animali, Ligabue mette in luce la sua storia di solitudine e sofferenza, malattia e emarginazione. Un rapporto profondo rivelatore della natura intima di Antonio Ligabue, del suo ritratto più autentico.

Antonio Laccabue (da tutti conosciuto come Ligabue) nasce il 18 dicembre 1899 a Zurigo, in Svizzera, figlio di Elisabetta Costa, una donna originaria di Belluno, e di Bonfiglio Laccabue, uomo di origini emiliane (ma l'identità del padre non è mai stata appurata con certezza). Affidato, nel settembre del 1900, a una coppia di svizzeri, Elise Hanselmann e Johannes Valentin Goebel, rimane orfano di mamma Elisabetta nel 1913, quando un'intossicazione alimentare uccide anche...

Carlo Carrà

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