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Il paesaggismo di Meschis: canto corale, umile e potente della sua Sicilia e del Mediterraneo.
Luci e ombre tra tetti e orizzonti
Considerare l’artista palermitano Renzo Meschis un pittore di paesaggi è sbagliato e riduttivo: non ci permette di comprendere appieno la sua ricerca. Le opere di Meschis, infatti, raccontano molto della sua Sicilia, del Mediterraneo e dei bisogni primari dell’umanità. Meschis ha studiato alla scuola d’arte, è nato nel 1945 e ha quindi una formazione calibrata, del disegno insegnato, della tecnica come bagaglio per un futuro mestiere, della finitezza che deve esprimere capacità e non approssimazione. È naturale che il suo sguardo, attratto dalla solarità delle campagne, dalla libertà delle coste frastagliate, dalle composizioni funzionali della cultura contadina, sia indagatore e realistico.
Molti dei suoi disegni, in cui si mescolano liberamente tratti sicuri nel delineare le forme e ampie velature acquerellate per rendere la luce e la profondità, descrivono orizzonti di vette lontane e tetti obliqui a leggio o a schiena d’asino, finemente coperti di coppi in cotto. Le coperture sembrano affascinare l’Artista perché sono inserti di pura geometria nella morbidezza del mondo naturale. I tetti creano ombre nette, cesure nello spazio, sono retti da muri perpendicolari, si reggono l’un l’altro in un fragile equilibrio tramandato per generazioni.
Le masserie e soprattutto gli annessi agricoli, i depositi, le abitazioni coloniche, si formano per tagli rettilinei incastrandosi nel terreno, diventando segno inequivocabile della presenza umana. Nella mente dell’Artista, inoltre, portano il ricordo dell’ombra nell’afa estiva, del profumo di legni ormai secchi, di frutta che lentamente appassisce per essere conservata nei rigori dell’inverno, in giorni di vento e tempesta che, nella solarità delle opere, riesce difficile immaginare.
L'estate e le geometrie: i "Tetti di Marianopoli"
Renzo Meschis predilige i giorni dell’estate, quando l’aria è ferma e i cieli sembrano spazi infiniti dove le nuvole creano architetture ineffabili. Gli eventi atmosferici rimangono potenziali, le foglie non si muovono, le onde non si alzano, persone e armenti sono fuori dallo sguardo dell’Artista. La capacità di cogliere l’impressione visiva è notevole ma non esaurisce il significato della ricerca: è uno studio brillante ed equilibrato ma porta ad altro. Il complesso di articolazioni murarie e le travature parallele che reggono l’ordito dei coppi prendono sempre più importanza e ci introducono a opere nuove, geometrizzanti, più ritmiche e meno fotografiche.
La casa, o meglio l’edificio, diventa un principio generativo dell’intera composizione e assume un significato simbolico: il tetto è geometria, spazio razionale, capace di proteggere dalla calura e dalle intemperie; non occorrono il vociare dei bimbi, il transitare dei mezzi, la vita che scorre, le liti, i sogni le speranze. L’attenzione è tutta rivolta alla casa come schema di costruzione dello spazio, quasi fosse uno scolpire i volumi per esprimere l’umanità, con tocco leggero senza entrare nel transitorio, nella confusione del vivere quotidiano.
La maturazione di questo pensiero è evidente nell’ opera "Tetti di Marianopoli" che segna il culmine della ricerca: edifici senza tempo, aggrappati a un promontorio che si affaccia sul mare infinito, costruiscono un tessuto modulare, non ripetitivo ma coerente. Lasciano immaginare strade, vicoli, cortili o giardini immersi nell’ombra, ci raccontano di una vita articolata ma senza eccessi: famiglie e amicizie, cugini e compari, reti parentali e il bisogno, collettivo e dominante, di affrontare la fatica del giorno per assicurarsi un domani.
Renzo Meschis: pittore antropologo
Se andiamo a ritroso dalla pittura al disegno osservando le sue opere vediamo che Renzo Meschis è pittore antropologo, narratore di storie attraverso le tracce, i volumi e le consuetudini del quotidiano. Il silenzio e l’assenza sono i tratti dominanti, non indicano abbandono o disinteresse ma al contrario sono i segni che il ritmo pulsante della vita si svolge fuori dal nostro sguardo. Dietro le tende, nel buio delle piccole stanze, se è lavoro femminile, riposo, intimità. Nella campagna assolata o sulle barche al largo della costa, nei magazzini o nei frantoi, nei mulini o nelle stalle se è sforzo virile.
Le case dell’Artista sono luoghi d’ombra, riparo e rifugio. Tagliano la morbida naturalezza del paesaggio in un reticolo di vie, proteggono dal freddo maestrale e ristorano nei giorni di scirocco. Hanno la forma inclinata dei tetti per raccontarci ciò che va oltre lo sguardo: la Sicilia è anche freddi giorni d’inverno, pioggia battente, vento senza fine. Dietro le tende, sotto le distese di coppi, un’umanità - generazione dopo generazione - ha atteso che tornassero i momenti della semina, del raccolto, della vendemmia e della pesca. Il paesaggismo di Meschis ha la forza di un canto epico, corale e nascosto, allo stesso tempo umile e potente.
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written by Massimiliano Reggiani
con la collaborazione di Monica Cerrito
Massimiliano Reggiani, critico d’arte, promuove una lettura delle arti visive come linguaggio strettamente legato al contesto culturale dell’autore, alla consapevolezza del gesto e alla volontarietà della comunicazione. Oltre a questi caratteri specifici ritiene che, nelle arti visive, la fisiologia della percezione prevalga sui confini strettamente culturali. Diplomato Maestro d’arte in Decorazione pittorica e in Scenotecnica, poi all’Accademia di Belle Arti di Bologna in Scenografia, laureato in Giurisprudenza e in Filosofia all’Università degli studi di Parma.