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Giorgio de Chirico nasce nel 1888 a Volos, in Grecia, da genitori italiani.
In quegli anni la famiglia è costretta a spostarsi frequentemente a causa della professione del padre ingegnere, impegnato nella costruzione della ferrovia in Tessaglia. Nel 1891 nasce ad Atene il fratello Andrea, conosciuto con lo pseudonimo di Alberto Savinio. A dodici anni frequenta i corsi di pittura al Politecnico di Atene, ma quando il padre viene a mancare la madre decide di far terminare gli studi dei figli in Germania. Dopo un breve viaggio in Italia, dove visitano Roma, Venezia e Milano, i de Chirico giungono a Monaco nel 1906, e Giorgio segue i corsi dell’Accademia. Recepisce le suggestioni dei simbolisti Klinger e Bocklin, arricchendo la sua pittura di contenuti marcatamente evocativi. Tre anni dopo si stabilisce a Milano e intraprende con il fratello un intenso studio della letteratura antica e moderna, della filosofia e della storia delle religioni; profondamente impressionato da Nietzsche, inizia a disegnare scenari architettonici ispirati da vedute reali, ma carichi di quelle trasfigurazioni che egli stesso definisce “rivelazioni”; realizza di lì a poco i primi quadri “metafisici”.
All’inizio del 1909 lascia Milano per trasferirsi a Firenze, restandovi per circa un anno. L’accumulo di spunti e “rivelazioni” gli impedisce di essere particolarmente produttivo, piuttosto approfondisce Schopenhauer ed Eraclito per coltivare i presupposti iniziali della Metafisica. Su esempio del fratello, nel 1911 si sposta a Parigi, centro catalizzatore delle avanguardie di inizio Novecento, ed espone al Salon des Indépendants e al Salon d’Automne, suscitando l’interesse della critica e del poeta Guillaume Apollinaire. Durante la guerra i due fratelli restano nella capitale francese, ma quando anche l’Italia entra nel conflitto sono costretti ad arruolarsi. Giorgio viene inviato a Ferrara tra le riserve di fanteria, e il suo linguaggio assorbe ulteriori stimoli che portano a rinnovarne l’estetica metafisica. L’ampio respiro delle piazze assolate e delle torri maestose, la monumentalità dei soggetti mitologici viene sostituita da interni claustrofobici, abitati da elementi misteriosi: attrezzi per la pesca, stampi da cucina e tavole anatomiche.
Terminata la guerra, in un clima artistico di “ritorno all’ordine”, la pittura di de Chirico cambia nuovamente in favore di un classicismo e di un rigore formale di ispirazione rinascimentale. Se infatti gli anni Venti sono caratterizzati da un eclettismo stilistico che unisce scene metafisiche e talvolta di gusto neo-romantico, gli anni Trenta, forse a causa di un’esasperata rincorsa al successo, rappresentano per l’artista un momento di stagnazione e ripetitività. Negli anni successivi persegue un ideale pittorico incentrato sulla “bella materia”, ricercando una qualità capace di confrontarsi con la tradizione. Questa incondizionata predilezione per l’arte del passato lo pone in un atteggiamento avverso alle correnti artistiche del secondo dopoguerra, generando un giudizio non sempre favorevole da parte dei suoi contemporanei. Solo dopo la sua scomparsa, avvenuta a Roma nel 1978, la critica ne rivalutò il portato artistico di ogni sua stagione creativa.
Giorgio de Chirico nasce nel 1888 a Volos, in Grecia, da genitori italiani.
In quegli anni la famiglia è costretta a spostarsi frequentemente a causa della professione del padre ingegnere, impegnato nella costruzione della ferrovia in Tessaglia. Nel 1891 nasce ad Atene il fratello Andrea, conosciuto con lo pseudonimo di Alberto Savinio. A dodici anni frequenta i corsi di pittura al Politecnico di Atene, ma quando il padre viene a mancare la madre decide di far terminare...