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Artista e gallerista sono legati in una relazione imprescindibile, alla base di gran parte del sistema dell’arte. Il gallerista ricopre, oggi più che mai, un ruolo fondamentale nel mondo dell’arte tanto da favorire il successo di un artista e la crescita di una raccolta d’arte di qualità.
Essere un buon gallerista richiede una forte competenza in campo artistico e ottime doti manageriali, qualità che devono essere supportate da una grande professionalità orientata soprattutto alla dedizione e attenzione verso la crescita degli artisti e della propria galleria.
Le figure professionali dei galleristi hanno fatto la loro comparsa nell’Ottocento quando, con la nascita del Grand Tour, i collezionisti più appassionati comprano durante i viaggi opere d’arte e oggetti antichi per poi rivenderli. Nella seconda metà del secolo, il cambiamento nella percezione della figura dell’artista si trasforma in un cambiamento anche del mercato. Il romanticismo enfatizza il concetto di artista genio e il gallerista diventa l’intermediario tra questo genio e il suo pubblico. Tutto questo accade in Francia dove, fino a questo momento, gli artisti vendono nei Salon ufficiali, mostre annuali aperte ad artisti dell’Accademia, per le quali bisogna essere approvati prima di poter esporre.
Il gallerista d’arte, quindi, avvalendosi del suo staff di critici e di curatori, allestisce le mostre, scopre e supporta nuovi talenti, favorisce il successo di artisti sconosciuti o già affermati, contribuendo a far aumentare le loro quotazioni e la loro notorietà, attraverso un lavoro di promozione di quegli artisti che ritengono di valore con i quali mantengono stretti legami di collaborazione basati su una stima reciproca e confronto.
La direttrice artistica e gallerista Sabrina Di Gesaro, con grande impegno, attualmente promuove e sostiene la mostra personale istituzionale intitolata “La Chaise Rouge – La Sedia Rossa” di un’artista appartenente alla scuderia del Centro d’arte Raffaello: Pupi Fuschi.
Sequel della mostra personale del 2017 intitolata “Ritratto di Signora”, l'artista palermitana Pupi Fuschi, ripropone per il 2021, come sintomo di ripresa e di speranza dell'attuale momento storico, un nuovo progetto a cui l’artista lavora da due anni, intitolato “La Chaise Rouge – La Sedia Rossa”, a cura del critico d’arte Giuseppe Carli, questa volta dedicato al mondo maschile. Si tratta di trentuno opere, più specificamente di trentuno ritratti di signori noti e meno noti, che hanno dato lustro nel loro settore alla nostra città e al nostro tessuto sociale:
Pippo Anastasio, Manfredi Barbera, Marco Betta, Reda Berradj, Roberto Calabrese, Massimo Cannatella, Giuseppe Carli, Maurizio Carta, Giuseppe Costa, Vincenzo Crivello, Massimo De Trovato, Angelo Di Gesaro, Francesco Galvagno, Claudio Italiano, Giovanni Iudice, Vittorio Magazzù, Dario Mirri, Gianni Nanfa, Leoluca Orlando, Geri Palazzotto, Aurelio Pes, Antonio Presti, Salvo Piparo, Fabio Raimondi, Daniele Rocca, Peppino Romano, Alberto Samonà, Alessandro Savona, Giuseppe Tasca D' Almerita, Luca Trapassi, Duilio Virzì.
La mostra che l’artista Pupi Fuschi ha deciso di dedicare al noto scrittore e drammaturgo palermitano Aurelio Pes, recentemente scomparso, con il quale aveva intrapreso discorsi relativi alla condizione umana e all'attività socio-culturale della città, vede al centro del suo allestimento la sedia rossa.
La sedia, che ha accolto giorno dopo giorno i trentuno ospiti ritratti, filtrata attraverso l’antica connotazione simbolica, rappresenta un oggetto di gerarchizzazione sociale, oggetto irraggiungibile e di ambizione, ma anche come tramite con il quale instaurare un dialogo immaginario con gli ospiti ritratti.
Parola a Sabrina Di Gesaro – Gallerista
Quando hai iniziato a pensare di aprire una galleria?
Ho avuto la fortuna di crescere all’interno di un’azienda familiare che ha iniziato la sua attività nel 1987 quando mio padre, Angelo Di Gesaro, decide di intraprendere questo nuovo cammino professionale passando dall’editoria all’arte. La mia quindi è stata una scelta sorta da una passione acquisita sin da bambina. Ho seguito le orme di papà, il suo insegnamento in modo naturale e progressivo ma col tempo, avendo maturato in azienda un ruolo sempre più determinante, ho iniziato a “modellarla” secondo il mio orientamento.
Una svolta è avvenuta nel 2014 quando la gestione della Galleria è passata nelle mie mani, ne ho preso le redini e ho dato un’impronta mia. Questo cambiamento ha determinato, principalmente, un’apertura verso l’arte contemporanea: l’ho potenziata e affiancata alla vasta gamma di artisti storicizzati che costituiscono il fiore all’occhiello della nostra galleria. Ho costruito una scuderia di giovani artisti che lavorano in esclusiva per la mia Galleria dedicando a questo nuovo filone una nuova vetrina nel centro della città, aprendo così la seconda sede della galleria.
Quando hai aperto questa galleria, avevi in mente un preciso filo conduttore nella scelta degli artisti da esporre?
Quando tre anni fa, ho inaugurato la seconda sede in via Notarbartolo, ho pensato ad uno spazio rivolto ad accogliere le proposte dei talenti più giovani ed emergenti.
La mia volontà é quella di offrire uno spazio in cui gli artisti contemporanei possano esporre le loro opere, i progetti e le idee che faticano a trovano un luogo di esposizione e visibilità.
Ritengo l’arte un valore trasversale, capace di arrivare a tutti, parlando un linguaggio universale fatto di bellezza ed emozioni fruibile da tutti.
Non più riservato ad ambiti di nicchia ed appannaggio di collezionisti competenti, l’arte si rende più accessibile, canale privilegiato per veicolare valori di bellezza, unicità, prestigio. Suscita emozioni e sensazioni oltre il significato intrinseco, oltre le immagini, in un dialogo aperto fra artista e fruitore, che conquista sempre più spazi nuovi, in continua evoluzione.
Attraverso quali canali scegli gli artisti da esporre? In particolare, quali considerazioni ti hanno portato a introdurre Pupi Fuschi nella tua scuderia?
Oggi l’arte conquista nuovi spazi, sperimenta nuovi canali viaggiando velocemente verso dimensioni prima inesistenti.
Mi riferisco alla digitalizzazione anche dell’arte, alla sua espressione attraverso il web e ai social.
Tutti abbiamo imparato molto velocemente a utilizzare questi strumenti e l’arte si è piegata a queste nuove strade, assorbendone i linguaggi e sfruttando le infinite possibilità. Ecco perché ho deciso di aprire la terza vetrina virtuale della mia galleria attraverso la creazione della piattaforma digitale www.raffaellogalleria.com: modo per travalicare qualsiasi confine spaziale e rendere accessibili online tutte le mostre.
Anche queste realtà virtuali, oggi, costituiscono per noi galleristi, bacini attraverso cui attingere, conoscere e valorizzare nuovi talenti che si affacciano sul mercato dell’arte. Spazi sconfinati, vetrine in continuo divenire, un universo di immagini fra cui catturare le tendenze di un mondo ormai velocissimo e potentissimo.
Il nostro, infatti, è un lavoro anche di ricerca, di osservazione rivolto verso gli artisti affermati che verso le nuove leve.
Ritengo sia determinante il sostegno che può offrire una Galleria attraverso le figure professionali che vi operano all’interno nel promuovere e valorizzare gli artisti, a volte preda di un mercato che può travolgere e bruciare, offrendo opportunità e insidie.
Il mio rapporto con Pupi Fuschi è nato circa tre anni fa, in occasione dell’apertura della nuova Galleria, presentata dal critico d’arte Giuseppe Carli. È stata una delle pittrici che per prima ha creduto in me e che ha costituito una delle colonne portanti della mia scuderia. Pupi Fuschi è un artista palermitana, che ha studiato, ha costruito tecnicamente la sua arte attraverso una nutrita ricerca e una forte passione verso questo mondo. È un’artista, vera, autentica, sensibile, con uno sguardo curioso, affascinata dal mondo circense, dai cavalli e da tutto ciò che costituisce qualcosa di onirico. È una donna passionale, a volte contraddittoria, che ho scoperto nel tempo. Appassionata e generosa, è animata da tanti interessi e si rende protagonista di iniziative, oltre che artistiche, anche benefiche. È stata protagonista di una bellissima mostra personale intitolata “Coming soon”, organizzata in Galleria che ha riscosso un notevole successo di pubblico e di critica. A questa mostra abbiamo dedicato un catalogo della collana Raffaello, ad oggi abbiamo promosso la sua mostra dal titolo “La Chaise Rouge” in esposizione a Palazzo Sant’Elia.
Una rassegna di personaggi palermitani ha dato vita a 31 ritratti che costituiscono dei viaggi nell’universo maschile attraverso uomini che hanno segnato il tessuto sociale e l’identità siciliana in questi ultimi anni. Si tratta di una mostra personale che la mia galleria è fiera di promuovere e sostenere ma che nasce da un preciso disegno già ideato nel 2017 con il compianto Aurelio Pes.
Quando inviti gli artisti a tenere una personale, intervieni sull’ideazione e sull’allestimento, oppure preferisci dare loro piena libertà d’azione?
Una mostra personale è un progetto che nasce insieme all’artista in un lavoro di concerto, di confronto attraverso modalità del tutto diverse volta per volta. A volte una mostra personale è un momento di libera espressione di un artista che nutre, in quel particolare momento della sua evoluzione artistica, un interesse particolare verso cui converge i suoi sforzi. L’idea a volte viene proposta al gallerista per creare insieme un progetto da condividere.
A volte, invece, in un lavoro di squadra con il curatore, con il critico d’arte interno alla galleria, figure indispensabili per l’arricchimento culturale dell’attività, con i responsabili delle sedi, si lima, si perfeziona e si costruisce una mostra intorno ad un’idea del gallerista in quale sottopone il progetto ad uno o più artisti quale terreno di confronto per raccontare a più voci un unico soggetto. Questa, per esempio, è stata l’occasione in cui l’11 giugno sette artisti hanno raccontato il mare, la sua vita e le sue attività in un unico racconto. Altre volte, invece, capita anche di aiutare un artista a dare spazio ad una vena che comincia a profilarsi timida, quasi latente, offrendo l’opportunità di esprimerla anche in una mostra. Mi è capitato, infatti, nell’ultima mostra personale di Navarra di accogliere, in anteprima e in maniera esclusiva, la sua ultima vena: gli astratti in chiave divisionista. Una nuova sezione che si affianca a quella dei famosi paesaggi iperrealisti o delle nature morte. In alcuni casi, è una bella sfida offrire carta bianca e libertà assoluta ad un grande maestro che voglia raccontarsi in modo inedito e libero.
Qual è la soddisfazione più grande che il rapporto con l’artista dà al gallerista?
La mia soddisfazione più grande è la fiducia che riscuoto negli artisti, nei miei clienti, nelle persone che collaborano con me. La stima che mi manifestano e i successi che otteniamo insieme, attraverso un lavoro di squadra In cui ogni ruolo importante, mi testimoniano che forse la strada che stiamo percorrendo è all'altezza della storia che abbiamo alle spalle.
Parola a Pupi Fuschi – Artista
Quando, come e perché hai iniziato a pensare di fare l’artista?
Il quando il come e il perché di un modo di essere e di vivere non è semplice da sintetizzare, di solito a questo pensano i biografi, la cosa migliore che un artista possa augurarsi è di non essere dimenticato pertanto è quello che mi auguro anche io. Se dovessi pensare a ritroso a quando mi sono accorta di avere un modo alternativo di percepire i colori della vita, penso solo che, senza alcun dubbio, ognuno di noi incontra il suo destino.
Quando hai intrapreso l’attività di artista, avevi già in mente un ben preciso filo conduttore, intessuto magari attraverso personali letture ed esperienze, da seguire per realizzare le tue opere?
No, non lo avevo, non ho mai progettato nulla a tavolino. Avevo deciso di rinunciare all’idea di occuparmi e di fare arte perché ho trovato molti ostacoli familiari ai quali per buona parte della mia vita ho ceduto anche annullandomi, la persona che ero non mi corrispondeva, così ho lasciato gli studi universitari umanistici che avevo intrapreso e mi sono decisa a studiare pittura e arte. Il mio filo conduttore all’inizio era autodescrittivo e direi quasi terapico, ma questi esercizi di stile mi hanno permesso di affinare il gusto, la capacità di saper “togliere” in virtù di una tecnica che ancora sto migliorando. Io ho studiato al liceo classico, negli anni che chiamavano ginnasio si imparava la grammatica greca e latina, le traduzioni per me erano uno sforzo di studio poiché spesso mi sfuggiva il senso generale delle versioni che oltre alla traduzione corretta e letterale facevano andare oltre. Da adulti si matura, con pazienza negli anni dell’università ho ripreso alcuni testi classici con le traduzioni a fronte e finalmente ho apprezzato ciò che allora non capivo. la pittura negli anni è stata la stessa cosa. Eseguivo ciò che ho studiato tramando il filo rassicurante del racconto personale, oggi riesco ad andare oltre e so che chi dipinge o ha una passione che lo vivifica, comprenderà cosa dico.
Come è nata e cresciuta la collaborazione tra te e Sabrina?
Conoscevo Giuseppe Carli, per suo tramite ho avuto modo di conoscere la Galleria Raffaello e Sabrina, un vulcano di idee e di energia, una grande professionista appassionata del suo lavoro. Sabrina ha compreso probabilmente prima di me che la collaborazione sarebbe stata reciprocamente proficua. Venivo da pessime esperienze con un’altra gallerista palermitana della vecchia guardia, sfuggendo dalla quale avevo concentrato le mie collaborazioni altrove al di fuori del circuito palermitano. Avevo proprio eliminato l’idea di far parte di una scuderia di artisti qui a Palermo, ma adesso sono contenta di come siano andate le cose e spero che i rapporti continuino in armonia.
Quanto ha influito il parere di Sabrina e la presa di conoscenza delle caratteristiche del suo spazio espositivo nell’ideazione e nella realizzazione delle tue due mostre personali istituzionali “Ritratto di Signora” e “La Chaise Rouge – La Sedia Rossa” che vi hai tenuto rispettivamente nel 2017 e nel 2021?
“Ritratto di Signora” del 2016/17 fu esposta da Spazio Cannatella del collezionista e amico Massimo Cannatella, allora è stata una mostra che ha riscosso molto successo più di quanto mi potessi aspettare; l’inaugurazione è stata una bella festa di cui conservo un ricordo stupendo. Pensa che allora non trovavo interessante fare dei ritratti maschili nonostante Massimo già allora mi suggerisse di ideare un sequel. Quando ho pensato al ritratto dei “Signori uomini” avevo già dunque in testa il format della mostra e ho lavorato con un obiettivo chiaro. Pensavo già ad un luogo espositivo istituzionale perché dopo tanti anni mi sentivo pronta ad affrontarlo, ma senza la curatela di Giuseppe Carli e la professionalità di Sabrina Di Gesaro non sarei riuscita ad andare in fondo fino a realizzare il progetto. Due anni di pandemia hanno segnato un solco nella vita di tutti, senza Aurelio Pes e Toni Saetta, l’editore, con cui avremmo dovuto redigere una pubblicazione, anzi, un portolano di viaggio, in cui raccontare il dietro le quinte di due anni di lavoro in pandemia, è dura, ma il progetto la cui curatela prevedeva in tandem Aurelio Pes e Carli alla fine c’è ed è in mostra a Palazzo Sant’Elia a Palermo. Sabrina è una donna intelligente e perspicace, aveva compreso benissimo l’esigenza di esporre in un luogo diverso dalla galleria, perciò non mi ha mai osteggiata, anzi, da veterana imprenditrice ha affiancato tutti i preparativi con il solito inossidabile entusiasmo e grinta, rivelandosi anche una preziosa amica, soprattutto quando altre difficoltà sembravano far svanire di nuovo tutti i programmi a ridosso dell’inaugurazione, ma questa è un’altra storia... e chissà forse il mio “portolano” prima o poi lo scriverò...
Quale importanza conferisci al mercato in relazione alle tue opere?
Il mercato purtroppo ha le sue leggi e a noi serve anche vivere di ciò che creiamo, perciò a fatica mi adeguo alle sue regole, ma come si potrebbe vivere solo di sogni? Per fortuna l’essere una personalità creativa mi fa muovere in tanti ambiti a volte anche diversi tra loro, trovo cosi il tempo di variare ed estendere anche la mia produzione artistica.
Qual è, sempre che esista, la parte più difficile nel lavorare con i galleristi?
Direi, far accettare loro anche i momenti di silenzio creativo. I più esperti e, oserei dire anche preparati culturalmente, comprendono che un’artista ha dei suoi tempi e dei periodi floridi alternati a periodi meno fulgidi. I meno esperti non sanno gestire i momenti critici dei loro artisti e alla lunga, prima li perdono, e poi perdono anche loro stessi. Sono leggi dell’umanità in fondo, prima che del mercato. È una vita complicata quella del gallerista, per questo sono felice di essere un’artista.
Qual è la soddisfazione più grande che il rapporto con il gallerista dà all’artista?
Direi che la soddisfazione è del cliente che è appassionato di arte o che vuole diventare un collezionista più che del gallerista o dell’artista, perché soprattutto in una città come Palermo avere la garanzia di una galleria di rilievo significa essere garantiti nell’investimento che si fa acquistando l’opera di un’artista vivente.
written by Silvia Santodonato
Appassionata da sempre di arte, laureanda in storia dell'arte contemporanea presso l'Università degli studi di Palermo, di recente ha raggiunto ottimi livelli nell'ambito dell' Art Blogger. Il suo innamoramento con la pittura nasce dal rinascimento per sfociare nell' "Informale".